top of page
Immagine del redattoreSimone Buffa

Il Monologo di Célimène - Il Misantropo, Molière (Atto III, scena IV)

Aggiornamento: 6 nov




“Signora, devo davvero ringraziarvi. Vi sono obbligata per il consiglio che mi avete dato, e lungi dall’offendermene voglio subito ricambiare il favore, dandovi anch’io un consiglio che può giovare alla vostra reputazione; e visto che mi avete dato prova della vostra amicizia riferendomi le voci che corrono sul mio conto, voglio anch’io seguire un così bell’esempio riferendovi quel che si dice su di voi. L’altro giorno, in una casa in cui m’ero recata in visita, ho incontrato alcune persone di assai rare virtù, che parlando di quelle che dovrebbero essere le vere cure di un’anima che intenda viver bene, hanno fatto cadere il discorso su di voi, signora. E lì, il vostro rigoroso pudore e le vostre grandi dimostrazioni di zelo, sono state citate tutt’altro che a buon esempio; questa ostentazione di severità, il vostro continuo parlare di onestà e di saggezza, le vostre smorfie e i vostri gridolini a ogni minima parola ambigua, come se foste l’innocenza stessa che si scandalizza, l’alta considerazione che nutrite di voi stessa, e gli sguardi di commiserazione che gettate al vostro prossimo, le vostre continue lezioni e le continue censure delle cose più semplici e innocenti, tutto questo, signora, se posso essere sincera, è stato oggetto di critiche unanimi e convinte. A che serve – dicevano – quest’aria pudica e saggia che tutto il resto smentisce? Ha un bel recitare le sue preghiere a puntino; ma poi picchia i suoi servi, e neanche li paga. Non vi è luogo sacro nel quale non ostenti un grande zelo; ma poi si copre di cipria per sembrare più bella. Fa nascondere le nudità dei quadri; ma poi le piacciono molto le cose nude e spinte. Quanto a me, ho preso le vostre difese contro tutti, assicurando che era tutto e soltanto maldicenza; ma ho trovato la mia opinione avversata da tutte le altre, e la conclusione comune fu che voi fareste bene a darvi meno pensiero di quel che fanno gli altri, e a darvene un po’ di più di quel che fate voi; che si deve guardare molto bene in se stessi, prima di poter pensare a condannare gli altri; e che se si vogliono correggere i difetti altrui bisogna farlo con l’autorità di una vita esemplare, ma che comunque – se è il caso – è sempre meglio rimettersi a coloro ai quali il Cielo ha affidato questo compito. Signora, so che anche voi siete troppo intelligente per non prendere in giusta parte il mio consiglio, e per non capire che esso nasce dalle intime pene della premura ch’io ho per il vostro bene”.



Note:

Célimène se la prende con una sua “amica” che, in maniera falsa e subdola, la condanna per la sua condotta con gli uomini, gelosa probabilmente dei tanti spasimanti che vanta. La giovane vedova, che senz’altro non è un’ingenua, capisce benissimo che le “parole da amica” della donna che ha di fronte sono in realtà un’accusa bella e buona e risponde per le rime. Célimène si finge quindi amica per dirle, chiaro e tondo, che prima di giudicare gli altri, sarebbe meglio giudicare se stessi, sforzandosi di portare avanti una vita esemplare e che chi non è degno di così alte virtù farebbe molto meglio a starsene zitto.

6 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page